Il volume ripercorre la storia di Enrico Paolo Salem che a lungo aveva saputo incarnare al meglio l'immagine dell'uomo nuovo fascista, fino a raggiungere la carica di Podestà di Trieste. Il suo ruolo viene però meno con il varo delle leggi razziali. Che i suoi legami con la comunità ebraica siano quasi inesistenti non conta, tanto meno conta il suo professarsi cattolico da sempre.
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Quello che Salem non può rimuovere nel nuovo scenario è il puro dato biologico, l'essere "figlio e nipote di". Un'aberrazione a cui non vi è rimedio e che coinvolge anche la moglie e le figlie. Il lungo processo di assimilazione della famiglia Salem all'interno dell'èlite cittadina è di colpo inutile. La classe dirigente con cui aveva condiviso responsabilità, meriti e colpe gli ha voltato le spalle. Salem non è un eroe e non è per sua fortuna una vittima anche in senso fisico della persecuzione antiebraica ma rimane un "diverso", isolato e ricattabile; uno sconfitto che porta il peso di aver contribuito a costruire la società che lo ha respinto. Rimane l'imbarazzo e il silenzio che avvolge la sua figura nel dopoguerra, troppo ingombrante per essere dimenticata del tutto e allo stesso tempo, proprio per questo, parte di una porzione di memoria collettiva da minimizzare perchè legata indissolubilmente a una delle pagine più buie della nostra storia.