Uscito dal carcere, dopo ben ventitré anni, Nelson Mandela ha ancora dì fronte a sé il nemico contro cui ha speso tutta la vita: l'apartheid. Il carismatico leader deve giocare la più diffìcile delle sfide politiche: unire ciò che la storia ha divìso e fare del suo Paese una vera nazione. Nel 1994 si tengono le prime elezioni a suffragio universale del Sudafrica, e Mandela trionfa.
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Ma se il Sudafrica è fatto, restano da fare Ì sudafricani. Così il genio politico del prigioniero n° 46664 si inventa la più audace e improbabile delle scommesse: usare il rugby, lo sport dei bianchi, per unire una volta per tutte ì sudafricani. Fino a quel giorno gli Springboks, gli alfieri della palla ovale, sono stati l'orgoglio della minoranza afrikaner e la dannazione della maggioranza nera, che si interessa alla nazionale soltanto per tifare contro. Mandela intuisce ciò che nessun altro è in grado di vedere: «Se non potete parlare alle loro menti, parlate ai loro cuori». Così il Sudafrica ottiene l'organizzazione della coppa del mondo del 1995, e inizia il miracolo. Gli Springboks collezionano vittorie, e il Paese intero si innamora. Il 24 giugno Ì giocatori scendono in campo per disputare la finale contro i temibili Ali Blacks, la squadra neozelandese considerata la più forte del mondo. Mandela siede in tribuna, mentre sessantaduemila tifosi, per la maggior parte bianchi, lo acclamano. E al coro si uniscono davanti alla tivù Ì milioni di neri delle township. Contro ogni pronostico quel giorno gli Sprìngboks realizzano il punto decisivo e coronano il sogno del loro presidente: quarantadue milioni di sudafricani sono finalmente uniti dalla stessa passione. Un ritratto inedito di «Madiba», forse il più grande uomo politico della storia recente. Un racconto di sport, umanità e politica che diventerà un film, girato dalla sapiente mano di Clint Eastwood.